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Magali

Magali
domenica 28 ottobre 2012
In questi giorni a Torino si sta svolgendo il


Abito a Torino e non vado al Salone del Gusto. 
Credo, che la maggior parte dei visitatori che in questi giorni hanno affollato il "Salone del Gusto" di Torino, si è recato principalmente per assaggiare e scoprire novità locali o gusti di altri paesi. Su questo non c'è nulla di negativo, ma è limitativo, perchè il significato di questa kermesse è ben altro. Innanzitutto conoscere la realtà, lo scempio che stanno compiendo "i grandi" ai danni dell'umanità.
Ho avuto il grande piacere di assistere ad una conferenza tenuta, qualche mese fa, da Carlo Petrini, fondatore di "Slow Food", che ho riassunto per voi, alla facoltà di Economia e Commercio e mi ha subito conquistato con la sua schiettezza, il suo parlare diretto con forte accento e intercalato da qualche parola in dialetto piemontese, riuscendo ad incantare una platea di oltre 400 ragazzi che lo hanno ascoltato in religioso silenzio.
Nonostante il suo interloquire gioviale ha esposto concetti terribili, resi ancor più angoscianti se si pensa che questo rappresenta la verità:

"I terreni producono cibo, il cibo governa il ventre delle popolazioni e se si vuole dominare, bisogna dominare il ventre delle popolazioni, questo è sempre avvenuto. Oggi non è più necessario conquistare i terreni, basta avere la proprietà delle sementi, attualmente l’80% dei semi sono in mano a 5 multinazionali, ciò significa che con una politica di costruzione di ibridi. i contadini non seguono più una pratica millenaria, che consisteva nel produrre i semi dai frutti, ora dal raccolto, effettuato con i semi acquistati dalle multinazionali, non si riesce più a produrre i semi. “Terra madre” sta cercando di riscattare le banche dei semi gestite dai contadini, affinchè la proprietà sia delle comunità, il seme è l’essenza della vita e deve essere un bene comune, non nelle mani di pochi che vogliono solo governare il mondo in base a questa logica.
Bisogna rendersi conto, che stiamo perdendo la fertilità dei suoli, i suoli si stanno impoverendo a causa dell’utilizzo della chimica negli ultimi centoventi anni.
I prodotti chimici che, in prima fase avevano aumentato il volume della produzione dei raccolti, ma superato un certo limite, l’utilizzo è diventato lesivo della fertilità dei suoli. Negli ultimi 20 anni Il suolo non è più fertile e ci troviamo in una situazione fortemente problematica, visto che si ha sempre un maggior incremento di popolazione a livello mondiale.
Nei prossimi anni mancherà l’acqua sul pianeta, sostanzialmente la causa principale delle future guerre a livello planetario sarà la carenza d’acqua, oggi, ad esempio, tra Israele e Palestina esiste una battaglia sulla questione del fiume Giordano, che è un fiume accentratore di interessi sia delle popolazioni israelite che palestinesi. Quando la Turchia realizzerà grandi dighe sui fiumi che bagnano la Siria e l’area circostante, ci saranno tensioni durissime, perché l’acqua è l’elemento principale per la produzione agricola.
Inoltre l’irrigazione convenzionale, in zone come l’Africa, determina che il 75% dell’acqua non tocca il terreno perché evapora prima, questo significa che in situazioni particolari come quelle del continente africano, bisogna utilizzare impianti a goccia, dove l’acqua entra immediatamente nel terreno e bagni in maniera differenziata, altrimenti l’evaporazione prima di toccare terra è elevatissima, ma, senza andare tanto lontano, anche la nostra agricoltura ha uno sperpero idrico inimmaginabile. Per non parlare della salubrità di queste acque.
Un altro rilevante problema è quello che dal 1900, vale a dire da 110 anni il pianeta ha perso il 75% della biodiversità, provate a immaginare cosa vuol dire aver convissuto con migliaia e migliaia di specie genetiche, di frutta e verdura, di razze animali che scompaiono nell’ordine del 75% in un solo secolo. Inoltre, è inammissibile, che appartenendo ad un paese potenzialmente agricolo, mangiamo frutta e verdura proveniente dai paesi più strampalati e, spesso, fuori stagione.
Ci siamo chiesti, perché non ci sono più giovani che vogliono fare i contadini? Perché le prospettive, ad esempio, sono queste: il latte viene loro pagato 28 cent al litro il latte, 9 centesimi al kg le carote, quindi se contiamo la fatica e gli scarsi guadagni, ecco la risposta.
Un altro dato di importanza rilevante è che in Italia buttiamo 4000 tonnellate di cibo edibile. I dati sono della FAO. Un miliardo della popolazione mondiale soffre la fame, quindi il 45% di cibo viene sprecato. Nei paesi del nord attraverso la perdita di valore del cibo, l’incuria, nei paesi poveri si spreca altrettanto perché non ci sono le infrastrutture che garantiscono il trasporto delle merci alimentari. Le comunità di pescatori del Senegal non riescono a portare il cibo nei villaggi interni perché non hanno impianti di refrigerazione e le strade non sono adeguate e quindi le derrate alimentari marciscono. Ogni minuto questa nostra umanità deve prendere atto della morte per fame di due bambini ogni minuto.
Ognuno di noi deve partire dal presupposto che può fare qualcosa nel suo piccolo: non sprecare, fare acquisti a chilometri zero, riciclare gli avanzi."
Carlo Petrini

Credo che la parte più interessante del “Salone del Gusto” siano le conferenze, ma, purtroppo, la moltitudine di persone che l’avrà affollato si sarà accalcata tra gli stand per assaggiare le specialità e sarà andata a caccia di chissà quali novità.
Io ho preferito rimanere con Magali nella mia tana, dove cerchiamo di mettere in pratica, nel nostro piccolo, non sprecando, comprando derrate di stagione, possibilmente dai contadini, aiutando materialmente il nostro prossimo a far sì che umani e pelosi che ci seguiranno trovino un ambiente migliore e non debbano subire lo spregio di ammalarsi per l’aria che respirano e il cibo che mangiano.

Vi lascio anche questa mini guida di Torino, che ho trovato in rete, per scoprire questa vecchia madama riservata, dai fasti reali e per apprezzarne altri gusti.

La preparazione di oggi è dettata dal fatto che, a volte, per casa girano come fantasmi cibi che nessuno ha voglia di mangiare come il pane, che diventa raffermo, e le costine, che sì fanno tanto bene bollite condite con poco olio, ma non sono molto invitanti …
Così abbiamo rivisitato una vecchia ricetta e siamo liete di partecipare a questo contest, anche se chiamarlo così ci sembra riduttivo Un giorno di ordinario appetito di ActionAid e Simplyfood  e a quello de la ginestra e il mare


Ed ecco la nostra preparazione:


Polpette dell’altro gusto
Ingredienti per 4 persone:
200 g di mollica di pane raffermo
2 uova
70 g di parmigiano grattugiato o altro formaggio stagionato
basilico tritato (del mio balcone)
150 g di costine bollite avanzate (peso da cotte)
mezzo spicchio di aglio tritato (a piacere, io non lo uso)
sale
2 dl di latte
1,5 dl d’acqua
olio per friggere (io utilizzo quello di oliva)

Preparazione:
in un’insalatiera mettete dell’acqua e il latte, mettetevi a bagno la mollica di pane tagliata in pezzi grossolani.
Tritate le costine, preventivamente bollite e strizzati.
Tritate la mollica di pane strizzata.
In un’insalatiere sbattete le uova con una presa di sale, aggiungete il parmigiano, il basilicoe l’aglio (a piacere). Aggiungete a la mollica di pane e le costine. Impastate con le mani e formate delle polpette.
Scaldate l’olio in una pentola antiaderente e fate dorare le polpette.
Scolatele su un foglio di carta assorbente e servite caldo.
Potete servirle così “in bianco” oppure in salsa di pomodoro.
E come dice Magali "leccatevi i baffi!".
giovedì 25 ottobre 2012
Oggi sono stata in vacanza senza spostarmi ...
Visto che dovevo fare una commissione subito dopo pranzo in centro, ho colto l'occasione per andare a vedere l'esposizione di Degas, che devo dire è organizzata in modo splendido. Le opere esposte sia pittoriche che scultoree sono molteplici e come sempre sono stupita, leggendo la sua vita, che nei tempi passati le persone iniziavano ad esprimere il loro talento molto presto, già a 19 anni lui aveva intuito e si era già incamminato lungo il cammino artistico, sconvolgente soprattutto se ci rapportiamo ai nostri tempi, con i mezzi di comunicazione che abbiamo a disposizione, vi dovrebbe essere un fiorire di talenti indicibile. Non posso giudicare le sue opere, ma prima di andare a rivederle, le avevo già viste a Parigi, più di una volta, non ho avuto che la conferma della sua espressività, ma che a me epidermicamente non trasmette l'emozione, la magia, l'incantesimo che mi dà guardare un'opera di Van Gogh o di Monet.



Ho pranzato qui a "L'angolo di Parin" una vecchia gastronomia piemontese convertita in ristorante e sono stata fortunata, perchè tra i vari piatti a base di carne, c'erano dei calamaretti con patate molto gustosi che ho subito scelto! L'ambiente è veramente gradevole, il servizio impeccabile e anche sul prezzo non si può dir nulla il menù, a pranzo, con scelta tra 5 primi e 5 secondi, composto da un primo, un secondo, acqua e caffè e di dieci euro. Unico difetto, per i turisti, la chiusura è domenicale!



E ora dopo tutte queste ciance veniamo alla ricetta, è da un po’ tempo all'ormai famoso contest  di Cinzia e Valentinami, che mi affascina da tempo, perché mi piacciono gli appuntamenti mensili e, nei quali, la fantasia può far da padrona, ma un po’ per pigrizia, un po’ per impegni vari e soprattutto per timore di non essere all'altezza, ho sempre rimandato …
Questa volta ho deciso di farmi coinvolgere un po’ all’ultimo momento, e di iniziare, ovviamente senza pretese, anche io a far parte della folta e schiera di partecipanti.
Ed eccoci qui con questa preparazione che ha il colore dell’autunno, ma con qualche reminiscenza estiva. L’abbiamo pappata in compagnia e a tutti è piaciuta moltissimo!


Estate travestita da Autunno
Ingredienti per 6 persone:
120 g di farina
35 g di parmigiano grattugiato fresco
1 cucchiaino di erbe di provenza
3 uova
30 g di olio di oliva
25 cl di latte
100 di feta
50 g di paté di olive nere
2 pomodori
2 cucchiai di olio extra vergine
sale

Preparazione:
in un’insalatiera mescolate la farina, 1 pizzico di sale, il parmigiano e le erbe di Provenza. Incorporate le uova, l’olio e il latte. Aggiungete la feta sbriciolata e il paté di olive, mescolate.
Mettete in una pirofila precedentemente unta e infornate in forno a 180°.
Tagliate i pomodori a fette. Dopo una decina di minuti, quando il composto nel forno si è un pochino rappreso, disponetevi le fette di pomodoro, un pizzico di sale e un pochino di olio extra vergine.
Fate cuocere ancora circa 25 minuti, servite tiepido o freddo.
E come dice Magali “leccatevi i baffi!”
domenica 21 ottobre 2012
Oggi, permettemi, dissertazione “bassa” e stupida …
Come d’abitudine vado in piscina e ogni volta torno esterrefatta, perchè?
Mi rendo conto che la maggior parte del genere umano femminile è veramente privo di dignità.
Tralascio il luogo comune che al mondo c’è libertà ed ognuno può indossare ciò che più gli aggrada, ma mi domando, perché il 90% delle donne usa il perizoma? Sicuramente non si guardano allo specchio!
In piscina ne vedo di tutti i colori o meglio sederi di tutti i tipi e vi assicuro che di bei “culi”, scusate la schiettezza, ce ne sono pochissimi, grossi, flaccidi, cellulitici, agé, ma non importa quale sia la stazza o l’età hanno tutti un comune denominatore il fatidico filo interdentale.
Vi assicuro che non parlo per invidia, perché chi mi conosce di persona sa che il mio fondoschiena potrebbe permetterselo,   ma ringrazio Dio, perché il mio cervello ha il sopravvento!
Ma come si fa? Credo che bisognerebbe avere un po’ più coscienza di sé, di senso estetico e sarebbe meglio coprire dignitosamente certi monumenti al cattivo gusto. Io sono fautrice dello slip in cotone ad oltranza, la cui ricerca, vi assicuro, è difficilissima e credo ormai debba essere classificato come specie in via di estinzione. E’ una gran comodità e sicuramente batte anche quello in microfibra!
Ricordo ancora l’unica volta della mia vita in cui anch’io mi feci tentare da questo discusso oggetto del desiderio, che indossai durante un incontro galante, non ci crederete, ma mi vergognavo non poco, e l’uomo in questione se ne uscì con questa affermazione: “Ma dove credevi di andare conciata così?”
Tornando al presente, tornata a casa, stamani, a chi potevo parlarne se non alla mia fedele Magali? Alla fine della mia disquisizione, mi guardava con gli occhi sgranati, perché di solito le pongo quesiti un po’ più pregnanti, e con aria di superiorità mi ammutolisce dicendomi: “ Anche da questo si capisce che noi gatte siamo esseri superiori!” e aggiungo io, sperando che non mi senta, più intelligenti!

Ed ora cambiamo argomento questa ricetta non è mia, ma suggerita dalla mia amica Bruna, praticamente la nostra amicizia è prettamente telefonica, ci intendiamo a meraviglia, abbiamo una visione molto simile dell'esistenza e, come me, lei è una donna dal carattere forte, che l'aiutata a superare egregiamente le difficoltà che la vita le ha posto davanti, è la persona che riesce sempre a darti ottimi consigli ed è anche un'ottima cuoca, questa ricetta è ottima ed è molto pratica, perchè si può preparare anche in piena estate, perchè non necessita di cottura in forno.
Accogliamo con gioia l'invito di Camilla e con questa ricetta partecipiamo al suo contest  "sapori di fine estate"


Ed ecco la ricetta!



Pesce pazzo
Ingredienti:
1 branzino (io l'avevo proprio di mare e non d'allevamento)
500 di pomodorini ciliegino
2 carote
2 gambe di sedano
2 o tre chiodi di garofano
prezzemolo
basilico
2 bicchieri di acqua
1 bicchiere di vino bianco
sale
pepe
Per “accompagnare”:
fette di pane casalingo
patata

Preparazione:
lavate il pesce e privatelo delle interiora.
Pulite le carote e tagliatele a rondelle.
Pulite il sedano e tagliatelo a tocchetti.
Tagliate i pomodorini a metà.
In una padella mettete l’acqua, il vino e tutti gli altri ingredienti. Adagiatevi il pesce intero, fate giungere ad un piccolo bollore abbassate la fiamma e fate cuocere 10-15 minuti, girate il pesce e fate cuocere per altrettanto tempo.
Togliete il pesce e fate cuocere ancora una decina di minuti per far rapprendere un po’ il sughetto.
Intanto pulite il pesce, facendone dei filetti.
Potete servirlo con delle fette di pane casalingo tostate oppure con una patata tagliata con la mandolina e fatta cuocere in acqua bollente salata per due minuti.
E come dice Magali “leccatevi i baffi!”
martedì 16 ottobre 2012
Io sono svampita, smemorata, per dirlo simpaticamente, la mia memoria, un tempo di ferro, ora è fallace a causa di una malattia o meglio sindrome che è mia fedele compagna da parecchi anni. Questo mi capita in vari frangente ed, ovviamente, anche in cucina. Ho rifatto la ricetta di Eleonora in una nuova versione, anche, perché è veramente ottima, questa volta mi ha seguito, con estrema attenzione, Magali che ha controllato che non dimenticassi nessun ingrediente. Abbiamo colto l’occasione per riprendere le nostre riflessioni e al  manifestare del mio disappunto per il mio non ricordare, lei mi ha sollevato il morale, dicendomi che a volte è meglio così, si dimenticano le mancanze, i torti subiti, si è più propensi al perdono e poi per le cose pratiche lei si candida come mia segretaria ufficiale.
Ormai tutti sanno che per me le sfide culinarie sono solo uno spunto per provare nuove ricette, per sguinzagliare la mia fantasia e, in questo caso, un maggiore coinvolgimento, perchè reminiscenza di avvenimenti appresi e da non dimenticare, ma perché non dimenticare? E’ questa la domanda importante che voglio pormi, posso solo dare una mia risposta. Voglio ricordare ancora, perché il male non deve restare nascosto, deve emergere e servire da monito, da guida nel futuro. Deve dare la dimensione di quanto l’essere umano possa distruggere, di quanta atrocità, cattiveria sia in grado di compiere e deve farci comprendere di quanto dolore possa generare l’unione di molti esseri umani ed allora io vi lascio con la speranza di stravolgere il passato di pensare che ognuno di noi ha la possibilità di  immettere qualcosa di positivo nell’universo e che unito a voi tutti possa generare una moltitudine di bene.
Come vi ho già detto, nell’ormai famoso mercatino dell’ultimo post, ho anche acquistato del limone candito che ho utilizzato oggi, per la ricetta ho seguito, anche questa volta, la preparazione di Eleonora, il mio pensiero è rivolto a lei che in questi giorni è a Parigi, e che ringrazio nuovamente.
Partecipiamo  con piacere e questa volta senza dimenticanze all’MTC



Ecco Magali che controlla che abbia messo i semini!


Il pane dolce del Sabato – il pane dolce della memoria
Ingredienti per una treccia ripiena:
250 gr di farina 0
1 uovo medio (circa 60-62 gr con il guscio)
50 gr di zucchero
10 gr di lievito di birra
62 ml di acqua tiepida
62 ml di olio extra vergine d'oliva
5 gr di sale
80 gr di limone candito
80 gr di uva passa
un tuorlo d'uovo
un cucchiaio di acqua
semi di papavero

Preparazione:
prima di tutto e importantissimo, setacciare la farina.
Sciogliere il lievito nell'acqua tiepida insieme a un cucchiaino di zucchero e far riposare una decina di minuti fino a far formare una schiuma. Mischiare la farina, il sale e lo zucchero e versarci il lievito e cominciare ad impastare, versare poi l'olio e per ultimo le uova, uno ad uno, fino alla loro incorporazione. Lavorare fino a che l'impasto si stacchi perfettamente dalla ciotola, lasciandola pulita.
Lasciar lievitare per almeno due ore, dopodichè, sgonfiare l'impasto. Tagliare poi la pasta in tre.
Stendere su un piano infarinato ognuna delle parti lunghe circa 35 centimetri e larghe 15. Spargere il limone candito tagliato a pezzetti e l’uva passa sulle tre parti.
Arrotolarle poi sulla lunghezza, in modo da ottenere tre lunghi "salsicciotti".
Unirli da un capo e cominciare ad intrecciare.
Adagiare la treccia su una placca da forno unta di olio. Lasciare lievitare ancora due ore.
Sbattere il tuorlo d'uovo con un cucchiaio di acqua e spennellarlo sulla superficie, cospargerlo con semi di papavero.
Infornare in forno già caldo e STATICO a 200°C per circa 15-20 minuti.
E come dice Magali “leccatevi i baffi!”
sabato 13 ottobre 2012
Vi chiedo scusa dell'assenza e, soprattutto, se questo è un lungo post, ma credo che se avrete la pazienza di leggerlo, ne sarà valsa la pena.
A volte mi capita di vivere una serie di coincidenze …
Sono andata a Parigi e ho lavorato 14 ore al giorno, poi ho avuto alcuni giorni per poter girovagare e respirare a pieni polmoni l’atmosfera di questa città che amo più di tutte al mondo.
Durante il viaggio ho iniziato a leggere un libro “La chiave di Sarah” da cui hanno tratto anche un film che, qui in Italia, non ha riscosso molto successo.
Non amo i libri che narrano di accadimenti storici e questo è il secondo che leggo in tutta la vita! Ebbene questo romanzo è veramente toccante, commuovente, a tratti crudo e spietato come la realtà che racconta, quella del Vélodrome d’Hiver, un episodio che pochi conoscono e che molti desiderano dimenticare o far finta che non sia mai esistito.
Il 16 luglio 1942 la polizia francese bussa di casa in casa e preleva migliaia di famiglie ebree e le rinchiude, appunto, nel Vélodrome d’Hiver nel 15esimo arrondissement, in un secondo momento i genitori sono separati dai figli, per essere, entrambi, mandati, dapprima, in campi d’internamento e poi deportati in campi di sterminio differenti, dove li attende una fine tragica. Solo pochissimi bambini riescono a fuggire o a ritornare dai campi.
In questo libro vengono narrate le vicende di Sarah, che ha vissuto quella terribile sera di luglio del ’42 e quelle di una giovane giornalista, Julia, che deve andare proprio ad abitare nell’appartamento, al 26 rue Santonge – Paris, dove ha vissuto la piccola bimba ebrea con la sua famiglia. La chiave è quella che dà a Sarah la forza di fuggire dal campo, il legame, purtroppo, amaro e incancellabile con il suo passato, che la riporta sempre durante tutta la sua vita al dolore sordo, lacerante ed alle atrocità subite. Il libro si svolge, all’inizio, tra passato e presente, e  la vita di Sara segnerà e cambierà sessant’anni dopo anche la vita di Julia.
Casualmente nel poco tempo libero, girovagando, all' Hotel de Ville, ho visto che c’era questa mostra "C'étaient des enfants" e l’ho visitata, l’argomento era proprio le storie dei bambini del Vélodrome d’Hiver. Ho visto tanti volti, lettere, diari scritti da bimbi di otto, dieci anni, con parole adulte, scarne e, stranamente, prive di odio. Le foto impressionanti dei pochissimi superstiti all’hotel Lutetia, dove era stato allestito un centro di accoglienza per i sopravvissuti, per questi ragazzi costretti a diventare rapidamente adulti.
Come d’abitudine sono andata, la domenica mattina, nel Marais, amo quelle viuzze, ma questa volta, passeggiandovi, mi sono sentita avvolta da un’atmosfera di tristezza, come se i muri avessero assorbito tutta la tragedia e trasudassero dolore, per la prima volta ho provato risentimento per i molti francesi che, durante la guerra, hanno avuto il coraggio di installarsi in appartamenti dove fino a qualche giorno prima avevano vissuto famiglie deportate … forse le avversità costringono a comportamenti apparentemente incomprensibili e inaccettabili.
Come ogni volta sono andata da Sacha Finkelsztajn, rue des Rosiers - Paris e questa volta sono stata attratta dal pane dolce del Sabato.



E per ultima coincidenza, la ricetta del mese è proprio il pane dolce del Sabato. Questa volta voglio ringraziare  di cuore l’MTC, perché ho vissuto veramente appieno questa ricetta, l’ambiente, le circostanze, mi hanno, come catapultato, indietro nel tempo, ho provato emozioni intense, taglienti, costruttive, mi sono resa conto di quanto siamo fortunati a vivere in quest'epoca, di quanto, forse troppo spesso, troviamo mille giustificazioni a noi e a chi ci vive accanto, se non siamo in grado di affrontare le difficoltà dell’esistenza con più coraggio, nei momenti duri della nostra vita dobbiamo solo voltarci indietro e pensare a questa frase che ha scritto Sarah “Zakhor. Al Tichkah. Ricorda non dimenticare mai."
Con questa ricetta partecipo con immenso piacere all'MTC

Al mercato di Boulevard Quinet ho scoperto questo banco pieno di cose goduriose, avrei acquistato tutto, ma mi sono limitata a scorze d'arancia e limoni canditi, che vi assicuro hanno un aroma intensissimo.



Ho deciso di utilizzare proprio le scorze d'arancia per il mio pane dolce del Sabato. Ho seguito fedelmente la ricetta di Eleonora  , vado spesso sul suo blog, anche se a volte sono troppo pigra per lasciare un commento, mi piacciono molto i suoi post, attenti, studiati, profondi e poi, ovviamente, le fotografie e le ricette sono uniche e hanno sempre un tocco di magia ed originalità. Vi dicevo ho seguito fedelmente la ricetta mutandone solo il ripieno, ho preparato solo un pane, perchè a Parigi, non resistendo alla tentazione, ne avevo acquistati due e quindi con quello fatto da me, praticamente ce ne siamo sbafati tre! Essendo svampita ho dimenticato, nella mia versione, i semi di papavero ... chiedo venia.
Magali è un po' offesa dal fatto che durante questa sfida non è stata interpellata, ma essendo una gatta al di sopra della media ha ben compreso e si è messa tranquillamente da parte.
Ed ora, ringrazio chi ha avuto la forza di resistere fin qui, ecco la nostra preparazione che, considerando il fatto che ho un vecchio forno a gas di 25 anni che cuoce solo nella parte inferiore, il risultato è andato ben oltre le nostre aspettative!







Il pane dolce del Sabato – Il pane delle emozioni
Ingredienti per una treccia ripiena:
250 gr di farina 0
1 uovo medio (circa 60-62 gr con il guscio)
50 gr di zucchero
10 gr di lievito di birra
62 ml di acqua tiepida
62 ml di olio extra vergine d'oliva
5 gr di sale
50 gr di scorza di arancia candita
50 gr di gocce di cioccolato
un tuorlo d'uovo
un cucchiaio di acqua

Preparazione:
prima di tutto e importantissimo, setacciare la farina.
Sciogliere il lievito nell'acqua tiepida insieme a un cucchiaino di zucchero e far riposare una decina di minuti fino a far formare una schiuma. Mischiare la farina, il sale e lo zucchero e versarci il lievito e cominciare ad impastare, versare poi l'olio e per ultimo le uova, uno ad uno, fino alla loro incorporazione. Lavorare fino a che l'impasto si stacchi perfettamente dalla ciotola, lasciandola pulita.
Lasciar lievitare per almeno due ore, dopodichè, sgonfiare l'impasto. Tagliare poi la pasta in tre.
Stendere su un piano infarinato ognuna delle parti lunghe circa 35 centimetri e larghe 15. Spargere l'arancia candita tagliata a pezzetti e le gocce di cioccolato sulle tre parti.
Arrotolarle poi sulla lunghezza, in modo da ottenere tre lunghi "salsicciotti".
Unirli da un capo e cominciare ad intrecciare.
Adagiare la treccia su una placca da forno unta di olio. Lasciare lievitare ancora due ore.
Sbattere il tuorlo d'uovo con un cucchiaio di acqua e spennellarlo sulla superficie.
Infornare in forno già caldo e statico a 200°C per circa 15-20 minuti.
E come dice Magali “leccatevi i baffi!”

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